Domenica 11 Gennaio 2015
APAB - Associazione Presepisti Artisti Belgioioso
giovedì 8 gennaio 2015
giovedì 25 dicembre 2014
Calendario dell'Avvento: 25 Dicembre
IL FIGLIO DI
DIO
Si era fatta
notte, era arrivata la Notte Santa, ed un grande silenzio regnava sulla terra.
Era come se il mondo stesse trattenendo il fiato. Ma in cielo gli Angeli
guardavano in alto, verso le Sfere Celesti, dove, al centro del cerchio dei
Cherubini e dei Serafini, s'innalzava il trono di Dio.Ed ecco che avvenne ciò che era atteso da lunghissimo tempo e desiderato ardentemente: tutto ad un tratto il Cerchio si aprì e gli abitanti dei cieli poterono vedere il Trono di Dio. E dal trono si erse un Essere spirituale, tanto sereno e luminoso che nemmeno il linguaggio degli Angeli saprebbe descriverlo. Egli guardò, con benevolenza, le schiere degli Angeli che tenevano gli occhi su di Lui e non smettevano di adorarlo.
Quindi lo sguardo grave e solenne di Dio, il Padre attraversò le sfere celesti. Davanti a Lui si aprì una via luminosa che scendeva sempre più in basso, sempre più in basso fino alla terra. Laggiù, gli Angeli non videro che una povera stalla dove una donna ed un uomo stavano seduti vicino a una mangiatoia, in compagnia di un bue e di un asino. L'uomo dormiva. Ma la donna aveva lo sguardo rivolto al cielo e quando scorse la via luminosa sollevò le braccia.
Allora l'Essere di luce, il Figlio di Dio che si era levato dal trono di Dio, incominciò a discendere per la via luminosa e, via, via che scendeva e attraversava tutte le Gerarchie degli Angeli, costoro intonavano un canto sempre più grandioso.
Passando da una Ronda Angelica ad un altra, il Figlio di Dio si trasformava continuamente e diventò dapprima simile ai Serafini, agli Angeli più elevati; poi fu simile ai Cherubini, per abbandonare, una dopo l'altra, tutte le forme della Gloria Celeste. Come si lascia un vestito. Passò per il cerchio degli Arcangeli, per ritrovarsi fra le fila degli Angeli e abbandonare anche questi.
La povera stalla irraggiò di luce quando l'Essere di luce si avvicinò a Maria e la coprì con la sua ombra luminosa ...
La sua luce si ritrovò negli occhi del bambinello che la madre di Dio teneva sulle ginocchia. Allora, di nuovo, i canti degli Angeli proruppero nei cieli e in terra risuonò la loro lode: "Oggi vi è nato il Salvatore, il Cristo, il Signore".
Da quella notte, il cerchio dei Cherubini e dei Serafini non si è mai più richiuso.
La strada luminosa collega ancora e sempre il trono di Dio alla terra ed ogni anno il Cristo discende dal Padre verso gli uomini per nascere in mezzo a loro e diventare simile a loro - e per mettere a dimora la Sua Luce nel loro cuore, affinché si metta a brillare nel loro sguardo,come ha brillato una volta negli occhi del bambino a Natale.
Tratto dal volume La luce nella lanterna.
di Georg Dreissig
Fior di Pesco Edizioni (distribuita da Editrice Antroposofica).
Etichette:
arcangelo gabriele,
asinello,
avvento,
bue,
cammino verso betlemme,
gesù,
giuseppe,
maria,
natale,
Presepe,
Presepio,
stalla,
statuine
mercoledì 24 dicembre 2014
Calendario dell'Avvento: 24 Dicembre
I LOCANDIERI DI BETLEMME
Maria e Giuseppe erano, infine, giunti a Betlemme. Il viaggio era stato lungo ed erano molto stanchi. Persino l'asinello andava a testa bassa. Avrebbero trovato una locanda, un luogo dove fermarsi, un letto per dormire? Andarono di porta in porta, bussarono qua e là, domandarono ospitalità a diversi locandieri.Ma nessuno volle lasciarli entrare, perché Giuseppe era povero e non aveva nulla da offrire. Dovunque gli veniva risposto: "Andatevene; qui sono io il padrone e voi non potete entrare."
Quando calò la sera, Maria e Giuseppe erano ancora per strada. L'asinello trotterellava al loro fianco. Perché non troviamo da fermarci in alcun luogo? si domandavano tristemente.
Maria e Giuseppe avevano bussato a tutte le porte o quasi, restava soltanto una locanda dove non avevano ancora provato. Era una piccola casa, in periferia, con un grande cortile ed una vecchia stalla in rovina.
Giuseppe era scoraggiato, ma provò a bussare. L'oste apri la parta e Giuseppe notò subito che la sua casa era strapiena di gente. Osò a malapena chiedere se potevano fermarsi per la notte. Tito, il locandiere, ebbe pietà di loro, vedeva bene che erano estenuati. Ma dove poteva alloggiarli? Si grattò la testa e borbottò: "Che fare? Bisogna trovare un alloggio per questa gente e il loro asino. Sono tutti stanchi ed hanno un grande bisogno di riposare.
"Amici miei, io sono lieto di accogliere le persone che vengono da lontano, ma la mia locanda è piena; si dorme persino sui banchi". Poi, il suo sguardo scrutò nell'oscurità della corte ed i suoi occhi s'illuminarono. Ora che ci penso nella stalla ci sarebbe il posto per voi, forse sta aspettando proprio voi. Seguitemi! Avrete un posto tutto per voi, o quasi. In verità non è grande e confortevole, ma vi fornirà un riparo e della paglia per sdraiarvi.
Li condusse quindi nella stalla del bue Remo: in quella vecchia stalla che i topi di Natale avevano messo in ordine ed in cui la piccola stella si era rannicchiata nella lanterna e faceva risplendere intorno la sua luce delicata. Così, Maria, Giuseppe ed il compagno di viaggi e, l’asinello, si accomodarono nella stalla.
Remo, il bue, accettò di buon grado la loro compagnia. Erano giunti finalmente alla meta, e ... cosa poteva succedere, adesso? Natale poteva venire!
Tratto dal volume La luce nella lanterna.
di Georg Dreissig
Fior di Pesco Edizioni (distribuita da Editrice Antroposofica).
Etichette:
asinello,
avvento,
bue,
cammino verso betlemme,
giuseppe,
maria,
natale,
Presepe,
Presepio,
stalla,
statuine
martedì 23 dicembre 2014
Calendario dell'Avvento: 15-23 Dicembre
LA FRETTA DELL'ASINELLO
Conoscete
gli Asini? Sono capricciosi. Robusti e resistenti, si possono caricare con
pesanti fardelli. Ma talvolta, s'intestardiscono e quando ciò succede diventano
sordi a tutto, sia alle suppliche come alle ingiurie. Se tenti, malgrado tutto,
di farli avanzare: irrigidiscono le zampe e non si muovono d'un passo. Puoi
provare a tirarli o spingerli: niente da fare! Allora disperi ed ecco che
diventano improvvisamente adorabili, fedeli e devoti. Tutta la testardaggine è
scomparsa, come per incanto.L'Asinello di Maria e Giuseppe era simile agli altri asini: testardo, capriccioso e adorabile. Il viaggio per Betlemme avrebbe potuto essere lungo e difficile con un simile animale, se non fosse diventato, improvvisamente, una bestia estremamente dolce e docile. Ed ecco come questo avvenne.
Giuseppe aveva caricato l'Asinello. Aveva portato con sé gli effetti di cui avrebbero avuto bisogno durante il viaggio. L'Asinello era rimasto bravo e tranquillo, pareva essere il più dolce, il più gentile degli asini di Nazareth. Ma quando Giuseppe prese le briglie in mano, perché era tempo di andare, l'Asinello s'inarcò sulle zampe e rifiutò di fare un passo. Giuseppe lo accarezzò, poi lo ingiuriò: invano. L'Asinello non faceva il minimo movimento.
Maria tentò a sua volta, "Vieni, gli diceva, andiamo, vieni, è ora di partire, il cammino è lungo." Ma aveva un bel darsi da fare, l'Asinello restava impassibile. Allora, quando la situazione sembrava disperata, intervenne l'Angelo Gabriele. Senza farsi notare, si avvicinò all'Asinello e gli disse: "Il viaggio fino a Betlemme sarà faticoso. Il tragitto sarà lungo per le tue piccole zampe, è meglio che resti a casa ed hai avuto ragione di impuntarti e non camminare. Vado a chiamare degli Angeli che avranno piacere di portare il fardello di Maria e Giuseppe al posto tuo."
Poi aggiunge: "Che peccato, però, che non sarai vicino al Bambino quando nascerà! Tu non sentirai cantare gli Angeli ! Non assaggerai il fieno della mangiatoia, il buon fieno che servirà da lettino per il piccolo Gesù!". Il canto degli Angeli? Il buon fieno? Bisognava essere stupidi per restare! Testardo, per quanto sia, un Asino è un Asino. Ma stupido, no! le promesse erano allettanti!
L'Asinello raddrizzò le orecchie: forse che gli Angeli cantavano di già? Tese le sue narici al vento: si, gli sembrava di sentire l'odore del fieno, e partì al trotto, in testa al gruppo. Tutta la sua cocciutaggine era dimenticata. Ora aveva fretta di arrivare a Betlemme. La sera, avrebbe preferito non fare mai soste. Al mattino, persino prima che si levasse il Sole, era sempre lui il primo a risvegliarsi.
Diceva: "Hi-ho! Hi-Ho! E voleva dire: "Alzatevi, è ora di partire per Betlemme, andiamo ad ascoltare gli Angeli e a gustare del buon fieno." Eh si! gli asini sono capaci di tante cose, quando ascoltano ciò che dicono gli Angeli.
LA RAGNATELA
Una sera,
Maria e Giuseppe avevano trovato rifugio in una caverna per passare la notte,
ma quando vi entrarono, un grosso Ragno passò davanti a loro. Giuseppe
provò a cacciarlo via con il suo bastone, ma Maria gli disse tranquillamente:
"Lascia questa bestiola in pace, Giuseppe, quel che Dio crea, non deve
intimorirci. D'altra parte, la caverna è abbastanza grande per tutti
noi." Poco dopo, si misero a dormire.Quella notte, il vento soffiò con violenza e spolverava le stelle, il cielo, infatti, doveva essere rilucente per la nascita del Bambino Gesù. A Natale, gli astri dovevano scintillare come Oro puro, perciò il vento soffiava con tutte le sue forze.
Nella caverna, Maria era intirizzita dal freddo e non riusciva ad addormentarsi. Si era avvoltolata alla meglio nel suo mantello trapuntato di Stelle, ma il vento s’infiltrava dappertutto. Giuseppe, steso al suo fianco, dormiva tanto profondamente che non si accorse di nulla. Ma qualcuno si accorse di quel che stava accadendo: il Ragno.
Quella bestiola era rimasta assai bene impressionato da Maria, perché aveva pronunciato delle parole tanto benevole nei suoi confronti. Allora si mise all'opera e tessé una tela meravigliosa all'entrata della caverna. Voi penserete, senza dubbio, che una Ragnatela non trattiene il vento, ma questa era una ragnatela speciale e faceva l'effetto di una grossa tenda. Era così fine e così solida che il vento non riuscì più ad entrare nella caverna. Maria ben presto si addormentò.
Al suo risveglio, si accorse della ragnatela. "E' grazie a te che ho potuto dormire, disse al Ragno. sei molto buono, ti ringrazio e ti sono grata". Il Ragno, nascosto in una fenditura della roccia, era al colmo della sua gioia.
LA PICCOLA
CODA BIANCA DELLA LEPRE
Durante
tutta l'Estate, la Lepre aveva folleggiato nei prati. Aveva fatto ruzzoloni e
capriole a suo piacimento. Quando venne l'Inverno, e la Neve aveva ricoperto i
prati mentre la luce del Sole aveva cominciato a declinare, la Lepre si era
ritirata nella sua tana. Era un rifugio gradevole, imbottito di erbe e
foglie secche. La Lepre si era coricata; il muso fra le zampe, e sonnecchiava,
attendendo il ritorno della Primavera.Di tanto in tanto, la fame la obbligava ad abbandonare il suo soffice rifugio per mangiare, ma dopo aver mangiato si affrettava a ritornarvi. Un giorno, la Lepre sognò che un Angelo entrava nella sua tana e le tirava leggermente un orecchio per svegliarla e le diceva qualcosa.
La Lepre si svegliò e si guardò intorno. Non vide più l'Angelo. Ma si ricordava chiaramente delle parole che aveva udito in sogno: "Vi sono delle brave persone che si sono smarrite nella Neve, va, corri in loro soccorso. Il tuo odorato fine ti guiderà senza dubbio". In effetti, la Lepre vide tre figure non lontano da lei: un uomo, una donna ed un Asinello.
L'uomo scrutava l'immensa distesa bianca. Cercava invano il cammino. La Lepre fiutò subito un odore di fumo. Doveva provenire da qualche casa nascosta in un avvallamento. In quattro salti, si portò accanto a Maria e Giuseppe. Si rizzò sulle zampette posteriori, facendo do la vezzosa. Poi partì in direzione del villaggio.
Dopo alcuni salti, ritornò indietro. L'uomo e la donna non si erano spostati di un millimetro! Osservavano la Lepre con stupore. La Lepre si riavvicinò. Per la seconda volta, fece le moine, poi delle capriole che tracciarono una sorta di sentiero nella Neve. Maria e Giuseppe compresero allora quello che intendeva e la seguirono. La lepre saltellava in testa al gruppo e, ben presto, furono in vista del villaggio.
Allora la Lepre si fermò ed agitò gioiosamente le sue lunghe orecchie. E fu felice quando Giuseppe le disse un grosso grazie. Ma lo fu ancor di più quando Maria si chinò su di lei e l'accarezzò con dolcezza, poi asciugò con cura la neve sulla sua pelliccia. Ne restò soltanto un poco sulla punta della coda. La Lepre, riguadagnò la sua tana, con il cuore in festa. Soltanto la sua piccola coda era ancora bianca di Neve.
Quando venne la Primavera e la Neve si sciolse, la coda della Lepre era sempre bianca! E lo è ancora oggi. E’ in ricordo di questo giorno d'Inverno in cui la Lepre ha guidato Maria e Giuseppe in mezzo alla Neve.
LE PROVVISTE DELLO SCOIATTOLO
Lo Scoiattolo,
durante l’Autunno, si era procurato un'abbondante scorta di Noci. Le aveva
sotterrate qua e là e le aveva ricoperte con cura di rami, terra e foglie. Era
importante che le sue scorte fossero in luogo sicuro, protette e ben nascoste.
Ma ecco: lo Scoiattolo non era in grado egli stesso di ritrovare i suoi
nascondigli Quale seccatura! Durante l'Estate, la natura gli aveva offerto una
tavola riccamente imbandita; adesso, era nuda, spogliata dall'Inverno.Lo Scoiattolo non trovava altro che degli avanzi miseri. E malgrado le sue. ricche provviste, soffriva la fame. Era molto preoccupato. Aveva soltanto una cosa da fare, una cosa che non amava per niente: doveva avventurarsi verso le dimore degli uomini, in cerca di cibo.
Fu così che un giorno lo Scoiattolo fu testimone di una triste scena. Della povera gente aveva bussato alla porta di un'abitazione per chiedere l'elemosina. La padrona di casa venne ad aprire, li ingiuriò con male parole e li cacciò con grandi urli. Lo Scoiattolo scorse i loro visi tristi e ne fu infelice.
Con tutto il suo cuoricino, desiderò di aiutarli. Se soltanto avesse potuto ritrovare le sue provviste! Riparti saltellando alla volta della foresta e si mise a cercare ancora una volta. Non che gli fosse ritornata la memoria. Ma là, ove erano nascoste le Noci, gli sembrava di vedere delle piccole luci.
Lo Scoiattolo vi andò a raspare e a scavare e ritrovò la sua scorta. Riempì le sue guance di noci e corse appresso ai viandanti. Per quanto un po' timoroso, la sua timidezza si sciolse sotto i dolci sguardi di Maria e di Giuseppe. Lesto, saltò vicino a loro e depose sul sentiero due noci per ciascuno. Voi direte certamente: due noci, è ben poco per uno stomaco vuoto! Ma tutto ciò che è donato con Amore è sempre più di quanto non sembri.
Maria e Giuseppe ringraziarono il piccolo Scoiattolo. Mangiarono le Noci e la loro fame fu saziata. Dopo questo giorno, lo Scoiattolo ebbe la vita più facile. Quando si metteva a cercare le sue provviste nascoste, il terreno s’illuminava dolcemente qua e là e non dovette mai più scavare invano.
IL CANE DEL PASTORE
Maria e
Giuseppe camminavano verso Betlemme e cercavano una locanda ove passare la
notte. Anche quella sera, non trovarono nulla e pensarono di dormire ancora una
volta sotto le Stelle. Giuseppe scorse, allora, nell'ombra del crepuscolo, una
casetta non illuminata. Maria e Giuseppe vi si avvicinarono pieni di speranza:
era un ovile.Ma avevano fatto i conti senza Finaud, ovvero il cane del pastore. Durante il giorno, custodiva il gregge di pecore nei prati. Di notte, cacciava i razziatori ed i ladri che si avvicinavano alla stalla. Non appena fiutò Maria e Giuseppe, Finaud si levò d'un balzo e scosse violentemente la catena a cui era attaccato. Saltava in direzione degli intrusi e abbaiava con voce minacciosa. I suoi "ouah-ouah, significavano, state attenti, qui sono io il padrone. State alla larga!"
Sentendo quei latrati furiosi, Giuseppe alzò le spalle e fece dietro front, dicendo a Maria: "Non c'è speranza! Questo guardiano è senza dubbio più intrattabile di un uomo dal cuore duro." Anche Maria si era bloccata. Finaud era contento di sé, perché era capace di teneva a distanza i forestieri.
Allora Maria insistette e disse: "Giuseppe, proviamo comunque; le notti sono fredde adesso. Senza un tetto non riusciremo ad addormentarci." Detto fatto, si diresse verso la stalla con passo tranquillo. Finaud fu preso da rabbia furiosa. Latrava e tirava furiosamente la catena in direzione di Maria, quando, all'improvviso, avvenne una cosa inattesa.
Prima che Giuseppe avesse il tempo di intervenire, Maria era giunta a portata del cane. E cosa stava facendo Finaud? Osservava Maria che avanzava verso di lui e scodinzolava gioiosamente la coda. Quando Maria gli fu del tutto vicina, Finaud fece qualche piccolo salto verso di lei, come un capretto; poi si stese pancia all'aria. Maria si abbassò verso di lui e gli accarezzò il ventre. Quando Giuseppe si avvicinò, Finaud brontolò un'ultima volta, ma la dolce mano della Madre di Dio lo calmò subito.
Maria disse a Giuseppe: "Guarda come ha strattonato la catena, questo birbante! Il suo collo è tutto straziato." Maria sfiorò le piaghe con le sua dita. Il cane non trasalì nemmeno a questo contatto. Finaud sarebbe rimasto tutta la notte ai piedi di Maria, se avesse potuto. Ma il suo posto non era nella stalla, lo sapeva bene.
Si stese, fuori, tutto contro la porta. Il suo cuore batteva di gioia; che grande responsabilità aveva! Non andava a proteggere, questa notte, la madre di Dio? Il mattino presto, il pastore venne a prendersi cura delle pecore. Da lontano, fu testimone di una scena sorprendente. La porta della stalla si aprì, ne uscirono un uomo ed una donna, seguiti da un Asinello.
Finaud, il famoso cane da guardia, saltava loro incontro, scodinzolando e leccando le mani della donna. All'interno della stalla, le pecore belavano, cosa che facevano soltanto all'avvicinarsi di persone che conoscevano bene e che amavano.
Il pastore osservo la scena come in un sogno. Si riprese soltanto quando Maria e Giuseppe furono scomparsi. Il pastore si rivolse al suo cane: "Allora, Finaud, chi erano i tuoi ospiti?" Se soltanto avesse saputo comprendere il linguaggio dei cani! Finaud gli avrebbe certamente rivelato chi aveva passato la notte nella stalla. Quando il pastore si chinò verso il cane, vide le ferite sul suo collo che erano state guarite durante la notte. E rimase ancora più stupito.
IL VELLO DELL'AGNELLO
Fiocco-Bianco era l'Agnello più grazioso del gregge. La sua lana era effettivamente la più bianca e la più luminosa. Ma era tutto quello che lo distingueva dalle altre pecore con le quali andava di buon grado a pascolare tutte le mattine. E la sera, rientrava docilmente all'ovile. Venne il tempo della tosatura. Fiocco-Bianco fu tutt'a un tratto irriconoscibile. Mentre le altre pecore si lasciavano tosare, Fiocco-Bianco fuggiva già al solo tendere la mano verso il suo vello. Si aveva un bel fare, non voleva donare la sua lana.
Alla fine, il pastore ne ebbe abbastanza di corrergli appresso: "Dal momento che Fiocco-Bianco non si lascia prendere, che conservi pure il suo mantello invernale! Si vedrà come riuscirà a sopportare la calura estiva ...". Le pecore tosate pascolavano nei prati e la loro lana fu venduta al mercato in grosse balle.
Fiocco-Bianco andava in giro orgoglioso con tutta la sua calda pelliccia, ma arrivò l'estate ed il calore era spesso soffocante. L'agnello cercava sempre il fresco del fogliame ed il pastore si rendeva perfettamente conto che Fiocco-Bianco soffriva. L'avrebbe volentieri liberato dal suo pesante mantello di lana. Ma appena Fiocco-Bianco si accorgeva delle forbici fuggiva lontano. Perché voleva, dunque, conservare la sua bella lana bianca?
Venne l'Inverno, e con esso la notte in cui Maria e Giuseppe si erano rifugiati proprio nell'Ovile di Fiocco_Bianco per passarvi la notte. L'indomani, Fiocco-Bianco andò verso il pastore e cercò in tutti i modi di fargli capire che desiderava essere tosato in quel momento.
"Non è il momento, disse il pastore, mantieni il tuo spesso vello per proteggerti dal freddo."
Tuttavia, Fiocco-Bianco non smetteva di chiedere, ma il pastore continuava a fare il sordo! Il piccolo agnello diventò, allora, tutto triste. Rifiutava il cibo e nessuno poteva indurlo a mangiare. Il pastore sospirò: "Bisogna dunque che io faccia ciò che vuoi." Prese le forbici e si mise a tosarlo.
Durante la tosatura Fiocco-Bianco rimase perfettamente tranquillo, docile come il più dolce degli agnelli.
Quando ebbe tagliato l'ultimo ricciolo di lana, il pastore andò a cercare un abito vecchio. Ne rivestì l'agnello perché non soffrisse troppo il freddo. Poi fece una balla con la bella lana e la conservò preziosamente. Voleva venderla al prossimo mercato.
Ma quando, dopo diversi mesi, giunse il giorno del mercato la lana non c'era più. Il giorno di Natale il pastore si era recato a Betlemme, nella stalla, e aveva fatto dono della lana al Bambino Gesù.
Aveva compreso a chi Fiocco-Bianco aveva riservato il suo bel e candido mantello.
I TOPI DI NATALE
C'era a
Betlemme una stalla molto vecchia ed in rovina in cui alloggiava il bue Remo.
Del fieno e della paglia erano sparpagliati per terra. In un angolo c'era
una mangiatoia: la mangiatoia di Remo. Ed è proprio in questa stalla che doveva
nascere il bambino Gesù.Prima del grande giorno, l'Angelo Gabriele venne a vedere in che stato era il luogo. Quale disordine! Fu scioccato ed esclamò indignato: "Il figlio di Dio non può venire al mondo in questo tugurio! Remo, muoviti: bisogna che l'ambiente sia pulito e in ordine". Il bue contemplava l'Angelo con i suoi grandi occhi tondi e continuava a mangiare tranquillamente.
La stalla era sempre stata com’era; perché, adesso, bisognava cambiare tutto? Se voleva più ordine doveva pensarci lo stesso Angelo Gabriele. Ma le mani degli Angeli sono intessute di luce e non possono prendere nulla. A chi domandare aiuto?
Ci fu improvvisamente, un leggero sibilo. L'Angelo si guardò intorno: in un angolo della stalla, scorse un topolino che usciva dalla sua tana. Aveva visto l'Angelo e chiamava i suoi piccoli: "Presto, venite a vedere l'apparizione celeste!" Gabriele si rivolse allora ai topolini e chiese loro: "Volete aiutarmi? Guardate che disordine in questa stalla! Bisogna che a Natale tutto sia in ordine per la nascita del bambino Gesù."
I topolini non si fecero pregare. Uscirono lesti dalla loro tana. Ognuno afferrò un filo di paglia che portò via per tornare presto a riprenderne un altro. E in brevissimo tempo la vecchia stalla fu ripulita. Il bue stesso dovette riconoscere che non si era mai sentito così bene ed a suo agio.
L'Angelo Gabriele lodò i topolini e disse loro: "Poiché avete lavorato tanto bene, d’ora in avanti vi si chiamerà: i topolini di Natale. Quando il bambino Gesù verrà al mondo, voi sarete tra i primi a poterlo contemplare". Da allora i topolini, felici, attesero il Natale con impazienza.
UNA MANCIATA DI PAGLIA
Una sera,
Maria e Giuseppe bussarono ad una porta di una fattoria perché cercavano asilo
per la notte. Il contadino che aprì l'uscio era un uomo burbero. Aveva il cuore
duro e non faceva volentieri dei servizi. Al primo colpo d'occhio aveva
compreso di avere a che fare con della povera gente. "Non hanno certamente
di che pagare", si era detto.Indicò allora un angolo del cortile e grugnì, con tono poco accogliente "L'unica possibilità è di sdraiarvi laggiù per terra, restando lì sarete sotto la protezione del tetto". Maria domandò gentilmente: "Non avreste una manciata di paglia per coprire il terreno gelato?". Il contadino la guardò piuttosto arrabbiato e disse: "Sta bene, ne avrete una manciata, ma non un solo filo di più".
Si recò lui stesso al fienile ed estrasse da un grosso mucchio di paglia un mazzetto di spighe che diede a Giuseppe, quindi rientrò in casa sbattendo la porta.
Giuseppe guardava le spighe; era triste. Erano così poche che non sapeva cosa farne. Maria gliele tolse di mano con dolcezza; le sparpagliò sul terreno e lo strato fu sufficiente per fare in modo che Maria e Giuseppe si potessero sdraiare. Ne restò persino per farci la lettiera dell'asinello, e tutti e tre si addormentarono subito.
L'indomani, Maria e Giuseppe passarono dal loro ospite poco cortese per ringraziarlo, poi proseguirono il loro cammino ed il contadino li salutò brontolando. Quando, più tardi, uscì nella corte, il suo sguardo cadde sui fili di paglia rimasti per terra: uno qui, uno là, una manciata in tutto e per tutto.
Come, i forestieri non avevano rimesso a posto la paglia? Il contadino stava per arrabbiarsi, quando si accorse che la paglia riluceva stranamente. Andò a vedere più da vicino: ogni stelo era d'oro fino! Li alzò, li soppesò, poi si batté la fronte: "Che sciocco!, esclamò, se avessi offerto a quelle persone di dormire nel fienile a quest'ora tutta la paglia sarebbe diventata d’oro.
Ma quel che era stato fatto, era fatto. Il contadino dal cuore duro pensò allora di vendere questi steli d'oro; li avvolse in un tela ed andò in città. "Sono pochi, si diceva, ma alzerò il prezzo". Dopo aver cercato e discusso con parecchie persone, trovò un orafo che gli propose una buona somma.
Il contadino si sfregò le mani: che profitto andava ad avere per il magro servizio che aveva reso!
Ma quando tolse il tela sotto gli occhi dell'orafo, cosa vi trovò? Una manciata di paglia! Fece una faccia strana e l’orafo rise di buon cuore prendendolo in giro. E così il contadino riportò a casa soltanto la brutta figura che gli durò molto più a lungo del dono della Santa Famiglia che lui aveva voluto vendere.
LA MINESTRA DELLA MENDICANTE
Nessuno, nel
villaggio, era più povero di Rebecca. Possedeva soltanto i vestiti che aveva
indosso. Ed erano poca cosa. La gonna e la camicetta erano lacere; le
calze e le scarpe bucate. Tutti gli abitanti del villaggio conoscevano Rebecca
e lei conosceva ognuno di loro. Rebecca aveva l'abitudine di dormire
all'aperto. Quando aveva fame, sapeva a che porta bussare, ma sapeva pure
trovare un rifugio quando giungevano i rigori invernali.Che vita miserabile! Tuttavia, Rebecca conduceva questa vita da numerosi anni e non provava né invidia, né bisogno di cambiarla. Ad un contadino che, un giorno, si era impietosito per la sua sorte, aveva risposto: "Anche il vostro destino vi serba qualche problema, che io, in ogni caso, non conosco!"
Il contadino la guardò, molto sorpreso, e lei continuò: "Ogni giorno ho chiesto l'elemosina a voi tutti, ma a me nessuno ha ma chiesto niente". Poi si mise sotto il braccio la pagnotta di pane che il contadino le aveva dato e se ne andò con un sorriso malizioso.
Poco tempo dopo questo aneddoto, giunse l'inverno. Una grande carestia regnava sul paese. La gente aveva a malapena di che nutrirsi. Quando arrivava Rebecca, la sua presenza aveva l'effetto di una doccia fredda e le davano malvolentieri qualche avanzo di cibo. Alla poverina toccava di dover bussare a diverse porte per poter saziare la sua fame.
Un giorno, ricevette una mezza scodella di minestra calda. Che fortuna insperata! Si era seduta ai bordi della strada per mangiarsela tranquillamente quando scorse dei viandanti che venivano verso di lei: un uomo, una donna ed un asinello. Avrete indovinato: erano Maria e Giuseppe che andavano a Betlemme. Come era triste il volto dell'uomo! E quanto pallido e incavato il volto della sua giovane moglie!
Rebecca ebbe pietà, interrogò Maria e Giuseppe: "Ehi! Brava gente, perché siete così tristi? Che cosa c’è che non va?". Giuseppe guardò Rebecca senza parlare continuando a guardare la scodella di minestra calda. Maria rispose con dolcezza: "Siamo molto stanchi, la marcia è ancor più faticosa quando lo stomaco è vuoto".
"Perché, allora, non avete acquistate del cibo?", s’informò la mendicante. "Perché non abbiamo denaro", rispose Maria. "E perché non chiedete l’elemosina?", volle ancora sapere Rebecca. Maria ammise, confusa: "Abbiamo provato, ma nessuno ci ha dato niente." La mendicante approvò con il capo: "Eh, si! i tempi sono duri, la gente ne ha appena per se stessa. Vedete quanta poca zuppa ho ricevuto". E mostrò loro la scodella piena solo a metà.
All'improvviso, Rebecca fu attraversata da un pensiero che ancora non era le mai venuto: "Ditemi, chiese dolcemente, avete un recipiente con voi?". Per fortuna Maria e Giuseppe ne avevano portato uno con loro. La mendicante disse allora con voce risoluta: "Bene, accomodatevi, condividiamo la mia minestra e la vostra stanchezza."
Giuseppe tese il suo recipiente. Rebecca vi versò quel tanto di cui pensava potesse farne a meno. Poi, nel suo slancio di generosità, ne versò dell'altra ancora. Teneva la sua scodella in modo tale per fare in modo che né Maria né Giuseppe si accorgessero che era vuota. Osservando i forestieri mangiare la sua minestra, la mendicante provò una gioia che non aveva mai provato fino a quel momento.
Per un istante, dimenticò la sua fame. In pochi minuti, Maria e Giuseppe mangiarono la minestra e si rimisero subito in. cammino. Rebecca li segui a lungo con gli occhi. Per la prima volta aveva dato qualcosa a qualcuno, essi le avevano rivelato questo aspetto del destino umano che lei non conosceva. A lei, la mendicante Rebecca, era stata chiesta l'elemosina, per la prima volta nella sua vita!
Alla fine si chinò per prendere la sua scodella: era piena fino all'orlo! Colma di una buona minestra, calda come meglio non si poteva desiderare; una minestra che placò abbondantemente il suo appetito.
I PASTORI ACCANTO AL FUOCO
Nei campi, non lontano da Betlemme, dei pastori erano seduti intorno a un fuoco, perché in Inverno le notti sono fredde. Il gregge riposava tranquillo formando un grande cerchio intorno a loro. Soltanto i cani erano in movimento e si spostavano senza posa da una parte all’altra, come dei bravi guardiani. Samuele, il più giovane dei pastori, sospirò: "Come sarebbe bello, poter stare tranquilli senza la minaccia dei lupi". Giacobbe scosse la testa, irritato: "A che ti serve sognare?, replicò, finché ci saranno pecore, ci saranno lupi che vogliono prenderle".
Allora il vecchio Elia sollevò la testa canuta, fissò i compagni con i suoi occhi chiari e disse con tono misterioso: "Chi lo sa? E' scritto che verrà un giorno in cui lupi ed agnelli pascoleranno tranquillamente insieme."
"Quando verrà questo giorno?", chiese subito Samuele.
Il vecchio scosse la testa con circospezione: "La Scrittura dice che un giorno verrà il figlio di Dio fra gli uomini. Allora non ci sarà più odio sulla terra e la pace regnerà tra gli uomini e tra gli animali. Quanto alla data in cui ciò accadrà, nessuno la conosce."
I pastori fissavano il fuoco pensosamente. Tutt'a un tratto udirono qualcuno cantare e questo canto era così dolce che commosse il loro cuore. Si voltarono in direzione della voce: sulla strada che portava alla città, scorsero un uomo anziano e una giovane donna. La donna era avvolta in un mantello blu col cappuccio e con loto trotterellava un asinello.
La donna cantava; cantava per il bambino che portava in grembo ed una pace serena conquistò l'anima di coloro che l'ascoltarono. I pastori seguirono con lo sguardo la donna finché non scomparve alla loro vista. Poi, ritornarono verso il fuoco e notarono che anche le pecore avevano le loro teste rivolte verso Betlemme.
I cani avevano sospeso il loro andare e venire e si mantenevano tranquilli, con le orecchie tese.
All'improvviso, Samuele indicò qualche cosa con il dito. Mormorò: "Guardate laggiù! Non è uno dei nostri cani: è un lupo." Gli altri pastori avevano seguito il suo gesto. Approvarono con la testa.
Era proprio un lupo, laggiù, vicino alle pecore; preso anche lui, come loro, dalla magia del canto guardava in direzione di Betlemme.
Il volto del vecchio Elia s'illuminò: "Non stavamo parlando di un miracolo che ci sembrava ancora lontano? Adesso il giorno è molto vicino. Il figlio di Dio sta per nascere. Non ci si può sbagliare, i segni sono chiari; il lupo pascola tranquillamente accanto agli agnelli."
Samuele si voltò verso il vecchio: "Vuoi dire, vecchio mio, che la giovane che cantava così meravigliosamente è la madre del Bambino Divino?" domandò. "Precisamente, è quel che penso", approvo Elia. "Questa giovane donna deve essere la madre di Dio". E in questo, il vecchio pastore aveva perfettamente ragione.
IL VECCHIO GUARDIANO
Simeone, il vecchio guardiano,
stava seduto alla finestra. Osservava la neve cadere e pensava ai tempi
andati. Aveva ottantanni e ne aveva trascorsi più di sessanta a
sorvegliare le porte di Betlemme. Le apriva al mattino con i primi raggi del
Sole e le richiudeva alla sera con le ultime luci. Ne aveva vista di gente
entrare e uscire dalla città!Con il tempo, aveva imparato a distinguere le intenzioni di ognuno: buone o cattive. Adesso le forze lo abbandonavano e provava dolore a sollevare la grossa chiave. In quanto ai due battenti della porta, erano così pesanti che il vecchio Simeone non poteva più aprirli. Un giovane guardiano aveva preso il suo posto. Simeone era rima sto responsabile solo di una piccola porta ad Est della città.
In vita sua non l'aveva mai vista aperta, tuttavia era chiamata la "Porta Alta". Quando aveva esordito nella sua carriera di guardiano, il suo predecessore gli aveva affidato la chiave e gli aveva raccomandato di stare attento a non farla arrugginire. Poi aveva aggiunto: "Un giorno, bisognerà aprire la Porta Alta. Quando verrà il momento, tu lo saprai certamente."
Durante tutto il tempo del suo servizio, Simeone aveva avuto cura della chiave. Sarebbe mai venuto il momento di aprire la Porta Alta? Tutto preso da questi pensieri, il vecchio si alzò faticosamente dalla sedia. Andò verso l'armadio e tirò fuori la chiave. Poi tornò a sedersi presso la finestra. Mentre osservava cadere la neve silenziosa, Simeone strofinava la chiave con un lembo della sua veste di lana.
Era una chiave di ferro, ma adesso riluceva come una chiave d'argento. Simeone ripensava alle parole del suo predecessore. "Un giorno, bisognerà aprire la Porta Alta. Quando il momento verrà, tu lo saprai." Ogni volta che ci pensava, il vecchio si domandava se, inavvertitamente, non gli fosse sfuggita la grande occasione e se non avesse dormito al momento opportuno.
Tutto ad un tratto, gli sembrò che il cielo s’illuminasse a Est, come se, nel cielo, le nuvole nevose si aprissero in quella direzione. La luce s’intensificò e assunse la forma di una porta alta tutta d'oro. E la porta si aprì, e un bambino piccolo venne avanti sulla soglia e guardò intorno a sé. Poi, con la sua manina, fece un segno amichevole in direzione del vecchio guardiano.
Quindi, il bimbo iniziò a discendere verso la terra percorrendo una strada che non era visibile. Continuava sempre a guardare Simeone che osservava la scena, stupefatto. Tutt'a un tratto, il vecchio esclamò: "La Porta Alta! Il bambino si dirige verso la Porta Alta, mentre io me ne sto qui col naso per aria."
Si sollevò sulle sue vecchie gambe, più in. fretta che poté. Avvolto nella sua veste di lana, partì sotto la neve verso le mura ad Est della città. Per la strada non incontrò anima viva, nulla di strano, faceva freddo e la gente se ne stava chiusa in casa.
Il vecchio non vedeva più in cielo la porta d'oro, ma, verso Est, distingueva sempre un bagliore luminoso. Giunse infine alla Porta Alta ed introdusse la chiave, di cui si era preso tanta cura, nella serratura, quindi la girò facilmente.
La Porta Alta si aprì senza rumore. Il bambino stava sulla soglia. Tese la sua piccola mano fiduciosa a Simeone: "Grazie di aver udito là chiamata e di avermi aperto la porta, gli disse, guarda, anch'io ho lasciato una porta aperta, è per te". Il vecchio guardiano levò gli occhi al cielo e vide la porta d'oro, che era aperta, spalancata e si poteva arrivare alla porta mediante una strada luminosa.
Simeone, tutto raggiante di gioia, si diresse immediatamente verso la porta dei Cieli. Il bambino lo seguì con lo sguardo finché non scomparve. Dopo qualche giorno, tutti si domandarono dove fosse andato il vecchio guardiano. Si misero allora alla sua ricerca, ma nessuno lo trovò!
Ora, dei forestieri erano giunti in città: un uomo, una giovane donna ed un asinello, che il guardiano era certo di non aver visto passare. Come erano entrati? Stupito, il giovane guardiano andò a controllare la Porta Alta: era spalancata e la chiave era rimasta nella serratura! "Il vecchio Simeone deve aver perso la testa! Ha aperto la porta e se ne e andato" borbottò.
Richiuse la porta e portò via la chiave. Non sospettò mai che Colui che doveva entrare attraverso la Porta Alta fosse già in città.
IL PICCOLO SUONATORE DI FLAUTO
Daniele
rasentava le vie di Betlemme suonando il suo piccolo flauto. Che musica
gioiosa! Coloro che l'ascoltavano avevano il cuore in festa. Eppure nessuno
invidiava il destino di Daniele perché, fina dalla nascita, aveva un cuore era
debole che non gli permetteva di correre e giocare come gli altri bambini.Zoppicava un po' dalla gamba sinistra e, inoltre, era cieco; questa era la cosa più spiacevole.
Non aveva mai visto il Sole, il cielo e le meraviglie del mondo. Ciononostante, le melodie che suonava non avevano nulla di triste perché Daniele era un bambino gioioso e la sua gioia era contagiosa.
Un mattino d’Inverno, una densa nebbia avvolgeva la città. Guardando fuori dalle finestre gli abitanti scorgevano solo un velo grigio. I vicoli e tutti gli angoli conosciuti sembravano irreali, era una cosa che infastidiva tutti, ma non Daniele.
La nebbia non poteva trattenerlo in casa, anzi, proprio quel giorno, Daniele, aveva più che mai voglia di uscire. In quel tempo non si festeggiava ancora il Natale, ma la gioia che egli provava era del tutto simile a quella che proviamo noi all'avvicinarsi della festa della Luce. Perciò afferrò il suo flauto, ed usci lasciandosi guidare dal suo udito assai fine.
Si diresse verso la porta della città, uscì, costeggiò il muro di cinta e andò a sedersi sulla sua pietra preferita. Seduto nella nebbia, suonava con il suo flauto: "Figlia di Sion, rallegrati!". Adesso, non era più il giovinetto cieco, era un'orchestra nuziale che suonava per il fidanzato regale e la sua giovane sposa.
Daniele suonava con tutto il suo cuore e non si accorse della nebbia aleggiava intorno a lui e che impediva alla gente di vedere distintamente. Suonava ma perché suonava? Suonava per aiutare Maria e Giuseppe a trovare la strada per la Porta Alta! Questo perché era necessario che si compisse la profezia in cui si diceva che sarebbero entrati in città proprio passando da quella porta.
Maria e Giuseppe, che si erano sperduti nella nebbia ed andavano in giro alla cieca, udirono all'improvviso udirono il canto "Figlia di Sion, rallegrati" suonato dal flauto. Maria e Giuseppe si arrestarono per ascoltare quel canto meraviglioso.
Poi si rimisero in cammino, dirigendosi nella direzione da cui proveniva la dolce musica. Ben presto Maria scorse nella nebbia la figura del giovinetto accovacciato su una pietra, con il flauto alle labbra: "Chi è questo inviato di Dio - si domandava - che sembra essere là per guidarci?".
Ascoltarono il piccolo musicista senza muoversi, senza interpellarlo. Quando ebbe terminato il suo canto, Daniele si volse verso di loro: "Chi siete? - domandò - cosa fate qui?"
"Noi siamo povera gente; ci puoi indicare la strada per Betlemme?", rispose Giuseppe.
"Voi, povera gente?" disse il ragazzo con aria stupita e, per un momento, li esaminò attentamente. Quindi gli disse: "Vi trovate sotto le mura di cinta. Seguendole arriverete davanti alla porta di ingresso".
Maria e Giuseppe, osservando bene, intravidero l'ombra della muraglia, ringraziarono il piccolo suonatore di flauto e proseguirono il cammino. Ed è così che arrivarono alla Porta Alta, che trovarono aperta, con la chiave argentata nella serratura, e poterono entrare in città, mentre il suono del flauto si faceva sempre più lontano.
Daniele continuava a suonare, voleva esprimere la sua gioia perché aveva visto qualche cosa di meraviglioso. Si era sentito inondato di luce e, in questa luce, aveva scorto due persone che portavano con loro un bambino. Ed il piccolo bambino gli aveva detto "Vieni!" con un cenno della mano.
Oh! sì, Daniele sarebbe andato, ma sarebbe andato solo al momento opportuno. Per ora, doveva continuare a suonare, come se, mediante la sua musica, dovesse dissipare la nebbia e la cecità degli uomini.
Tratto dal volume La luce nella lanterna.
di Georg Dreissig
Fior di Pesco Edizioni (distribuita da Editrice Antroposofica).
domenica 14 dicembre 2014
Calendario dell'Avvento: 6-14 Dicembre
E' con discreta
venerazione che Giuseppe osservava la sua sposa ed il mistero di questo bambino
Gesù ch'ella portava sotto il suo cuore! Faceva tutto il possibile per rendere
più facile e più bella la vita a Maria. Avrebbe desiderato offrile delle belle 'parure',
dei bei vestiti, come offrono i ricchi alle loro spose. Ma Giuseppe era povero,
non aveva un soldo. A volte questo era motivo di sconforto; pertanto Maria non
si lamentava mai di non avere nulla per agghindarsi.
Da quando erano
in viaggio per Betlemme avevano ogni giorno da soffrire per la loro povertà.
Talvolta non avevano niente da mangiare e restavano con la fame perché nessuno
gli offriva qualcosa. Altre volte, arrivavano in un villaggio e, al loro
arrivo, chiudevano le porte delle case. Non restava altro, allora, che dormire
all'aperto, sotto le stelle. In quei momenti, Giuseppe si diceva sottovoce:
"Dio ha scelto Maria per far nascere suo figlio e tu, tu nei fai una
mendicante!" .
Se soltanto
avesse avuto un po' di denaro! Avrebbe offerto qualcosa a Maria, qualche cosa
di bello. Che poteva vendere? Non possedeva nulla di superfluo, eccettuato,
forse ... , il suo bastone da passeggio. L'aveva intagliato egli stesso nella
foresta. Poteva trovare qualcuno che lo acquistasse?
Una notte, in
cui Maria e Giuseppe dormivano all'aperto, sotto le stelle, Giuseppe fece un
sogno. Sognò che un uomo veniva a svegliarlo scuotendogli la spalla. Doveva
essere molto ricco, i suoi vestiti erano sontuosi. Tuttavia il suo sguardo era
amichevole, senza la minima commiserazione. Giuseppe gli chiese: "Che
posso fare per servirvi?". Il forestiero rispose: "Desidero comprare
il tuo bastone da passeggio. Mi è stato detto che lo vendevi". Giuseppe,
sempre nel sogno, si chinò per prendere il suo bastone. Quale sorpresa: trovò
un bastone forgiato in oro ed argento e cesellato magnificamente! Dove era,
dunque, andato a finire il suo vecchio bastone di legno?
Giuseppe tese
al forestiero il meraviglioso bastone ed egli disse: "Ora te lo
pago". A queste parole, alzò la mano destra e, improvvisamente, il cielo
si mise a risuonare e fili d'oro presero a discendere dalle stelle.
L'uomo li afferrò delicatamente e li avvolse in gomitolo stretto intorno al
bastone. Alzò poi la mano sinistra. La luna a forma di falce vi si posò e prese
la forma di un ago d'argento. L'uomo tolse il gomitolo e tese a Giuseppe i fili
d'oro e l'ago d'argento.
"Prendi -
disse - come pagamento" e a queste parole, scomparve. Giuseppe, tutto
sorpreso, contemplava questo dono prezioso di cui non sapeva bene cosa fare. Ma
già, fili ed ago si muovevano fra le sue mani. Il filo d'oro s'infilò da solo
nell'ago d'argento che si mise a ricamare. Ricamava delle stelle sul mantello
blu di Maria. Quando il filo terminò, le stelle brillavano sul mantello come
brillano in cielo, durante la notte. Allora l'ago si elevò di nuovo verso le
stesse e ritornò ad essere la mezzaluna.
Che sogno
meraviglioso! Al mattino, Giuseppe si svegliò di buon umore. Ritrovò il suo
vecchio bastone di legno per terra, al suo fianco. Come gli era apparso
trasformato durante la notte! Poi, tutt'a un tratto, il cuore di Giuseppe fece
un salto di gioia: il suo sguardo aveva scorto il mantello di Maria: mille
stelle ricamate con fili d'oro scintillavano sul povero tessuto. Maria e
Giuseppe le contemplarono con la medesima gioia: quale meraviglia! poi, Maria
disse: "E' troppo bello per me, adesso, questo mantello".
Così, malgrado
la povertà di Giuseppe, Maria poté indossare uno splendido mantello stellato,
il
mantello della Regina dei Cieli.
Al cader della
notte, Tito, il locandiere, prese la lanterna per andare alla stalla e cambiare
il fieno di Remo, il bue. Nell'accendere la candela Tito notò che era quasi del
tutto consumata. "Per questa sera basterà", borbottò.
Attraversò la
corte, accompagnato dalla fiammella che cacciava l'oscurità intorno a lui. Tito
entrò nella stalla ed appese la lanterna ad un gancio del tetto. Poi, con
il forcone, sparse il fieno nella mangiatoia. Tutt'a un tratto sentì del rumore
proveniente dalla casa; sua moglie lo chiamava: "Tito, dove sei? Sono
arrivati degli ospiti". Lasciò cadere il fieno ed impugnò la lanterna. In
quell'istante, la fiamma chiara della candela si drizzò per un'ultima volta per
poi ricadere e scomparire. "Tanto peggio!" brontolò Tito
nell'oscurità.
Lasciò la
lanterna appesa sopra la mangiatoia e si affrettò ad attraversare la corte per
rientrare in casa. L'indomani, Tito non pensò più alla lanterna. La sera
tuttavia si rammentò di averla lasciata nella stalla, appesa sopra la
mangiatoia. Si mise in cerca di una nuova candela e attraversò la corte. E, a
questo punto, notò un piccolo bagliore che brillava dalla finestra della
stalla. Sorpreso, si grattò la testa. Aveva ben visto la candela spegnersi la
sera avanti! Chiamò sua moglie per mostrarle la strana luce. Entrambi si
recarono alla stalla per vedere la cosa da vicino.
"Che cosa
bizzarra: questa luce brilla per niente e per nessuno", borbottò Tito. E
sua moglie aggiunse: "Chissà. perché questa fiamma non si estingue. Non
tocchiamola, aspettiamo che si consumi da sè". E' cosi che, la vigilia di
Natale, quando Maria e Giuseppe, seguiti dal l'asinello, cercarono una locanda
per passarvi la notte, scoprirono la stalla dolcemente illuminata, che sembrava
attenderli ...
E la luce
continuò a brillare fin dopo la nascita del Bambino, per rischiarare il mondo
intorno a Lui. Senza dubbio, vorreste sapere che cosa era questa luce che
brillava con tanto fervore? Una candela? Certamente no! Per lo meno, non
una candela come le altre.
No, adesso ve
lo dico: senza farsi notare, una piccola stella era scivolata nella
lanterna. Essa vi scintillava con amore, perché voleva essere là Per la
nascita di Gesù. Se Tito avesse guardato bene, l'avrebbe vista anche lui.
Nel giardino
del Paradiso c'era un albero che nessuno toccava: era l'albero di Dio. Aveva
delle mele rosse, le più belle che si possano immaginare. Tutti gli animali e
gli uccelli che passavano vicino a questo albero fermavano la loro corsa o il
loro volo per contemplarlo, tanto era bello.
In quei tempi,
vivevano in questo giardino Adamo ed Eva. Andavano spesso ad ammirare l'albero
i cui frutti erano riservati a Dio. Un giorno, il serpente aveva convinto Eva a
cogliere una mela dall'albero e ad assaggiarla. Poi, lei l'aveva data ad
Adamo e anch'egli l'aveva assaggiata. Allora, l'albero aveva improvvisamente
perduto il suo splendore! Quale atto temerario! E quando Adamo ed Eva
furono cacciati dal Paradiso, il giardino era in lutto per il suo bell'albero.
I frutti
dell'albero erano impalliditi per lo spavento, erano diventati piccoli e duri
ed il loro sapore succoso e zuccherino era diventato amaro come il fiele. Ora
il melo doveva un giorno ritrovare la sua bellezza. Diverse centinaia d'anni
dopo uno dei suoi semi si infilò nella terra del giardino di Maria e Giuseppe,
a Nazareth. Dopo qualche tempo crebbe un alberello, ma era piccolo e storto.
Ogni anno dava dei frutti pallidi, duri ed amari, che non piacevano a nessuno,
neppure all'asinello.
Un giorno di
Primavera, l'Angelo venne a trovare Maria e le annunciò che stava per diventare
la madre di Dio. Mentre attraversava il giardino, l'Angelo passò accanto al
Melo e gli bisbigliò: "Preparati, piccolo albero di mele, perché il tempo
della tua miseria è terminato.
A Natale, verrà
al mondo il figlio di Dio. Ricordati, che tu sei l'albero che porta i frutti di
Dio". Nel corso delle settimane seguenti, Maria e Giuseppe, molto stupiti,
poterono osservare come l'albero si raddrizzava, poi, si mise fiorire con una
magnificenza tale che si poteva pensare che sarebbe crollato sotto il
carico dei fiori.
I suoi rami si
riempirono allora del canticchiare e del ronzio delle api e dei calabroni
che arrivavano da lontano, spinti dalla golosità, per bottinare i suoi fiori.
Poi, venne il tempo, in cui le fronde dell'albero nascosero quel che andava
preparando per il futuro. E quando in Autunno i suoi frutti maturarono, non
erano più piccoli e duri, ma molto grossi e di una bella forma rotonda.
Ed ecco che
pian piano le mele si colorarono. In principio, erano di un rosa delicato che
diventava sempre più intenso ed infine avevano delle belle guance rubiconde.
Sapete perché diventarono così rosse? E' molto semplice: erano felici di poter
essere di nuovo i frutti di Dio che di lì a poco sarebbe venuto sulla terra.
Maria raccolse i frutti nel suo canestro e, vedendo come erano sodi e venuti
bene, disse a Giuseppe: "Li conserviamo per il bambino".
E quando
partirono alla volta di Betlemme, Maria e Giuseppe caricarono sul dorso
dell'asinello un piccolo sacco di mele per il bambino. Non le mangiarono,
mai, neppure quando ebbero molta fame. Ecco come il melo fu liberato dalla
maledizione.
Oggi,
quell'albero di mele dona i suoi frutti a tutti gli uomini. Ogni anno,
tuttavia, ne resta qualcuno per il bambino Gesù: quelli più rossi per mostrare
a tutti, quanto il melo sia felice per il fatto che Dio abbia inviato il suo
Figliolo nel mondo. Si riserva a quelle mele un posto d'onore sull'albero
di Natale.
Quando Dio creò
i fiori, domandò a ciascuno di loro: "Come ti vestiremo?" Hai
particolari desideri?". Alcuni si volevano grandi e robusti. Altri desideravano
esalare dolci profumi. Gli uni desideravano portare fiori rossi, altri blu,
altri ancora bianchi. Dio esaudiva tutti i loro desideri.
E' così che un
giorno si rivolse ad un fiore: "A te, piccola creatura, dirmi i tuoi
desideri più cari. Desideri crescere o restare piccolo? Vuoi portare fiori
gialli, rossi blu?". "lo ho un solo desiderio, rispose la
pianticella, amerei conservare i miei fiori fino alla nascita del bambino Gesù,
se questo è possibile. In quanto al resto, sono pronta a tutto: a strisciare
come a portare le spine." Il Signore sorrise amichevolmente e creòil
Cardo Argentato.
Questo cardo
cresce per terra, le sue foglie sono piene di spine, ma i suoi fiori brillano
come stelle d'argento. Si colgono in Estate quando si schiudono. Poi, seccati,
attendono Natale per rallegrare il bambino Gesù.
Sulla via che
conduceva a Betlemme, Maria e Giuseppe attraversarono una foresta. Gli alberi
si ergevano secchi ed esili verso il cielo. Ad altezza d'uomo, dentro i loro
tronchi, abbondavano cespugli spinosi. Duri e nodosi, mescolavano i loro rami
che, al posto delle foglie, por'tavano lunghe spine appuntite. Queste
ostacolavano il passaggio dei viandanti e strappavano le loro vesti.
Povero asino!
Non poteva farsi più sottile e non aveva alcuna possibilità di evitare le spine
che incidevano la sua povera pelle. Infine, si bloccò, rifiutando di fare un
altro passo. Maria e Giuseppe lo supplicarono, poi s'irritarono. Invano.
L'asino,
cocciuto, restò fermo sul posto. Lanciava degli "Hi-hoo" pietosi
quando Giuseppe lo spingeva con il suo bastone per farlo avanzare. Allora
Giuseppe se la prese con i cespugli spinosi. Dopo tutto, erano loro che
rendevano tanto penosa la loro marcia! Ma Maria gli posò dolcemente la
mano sul braccio e disse: "Caro Giuseppe, non t'inquietare con questi
poveri cespugli, non possono portare che delle spine su questa terra arida. Se
soltanto avessero dell'acqua da bere, sono certa che ci
accoglierebbero, noi ed il nostro bambino, con delle rose
meravigliose".
Poi alzò gli
occhi al cielo e pregò: "Buon Dio, scorra la tua bontà come rugiada su
questi
poveri cespugli
affinché possano trasformarsi come desiderano". Maria aveva appena
terminato la sua preghiera che un dolce effluvio cadde dal cielo. A
misura che placavano la loro sete, i cespugli perdevano le loro spine che
facevano posto a delle rose superbe i cui colori risplendevano tutto intorno
e i cui profumi riempivano l'aria, per la gioia di tutti. Maria e
Giuseppe resero grazie a Dio per questo miracolo.
L'asinello,
tutto gioioso, annusò l'aria profumata e, pieno di coraggio, riprese a
trotterellare in direzione di Betlemme.
Un mercante
ritornava da un viaggio. Aveva visitato dei paesi lontani e rientrava carico di
doni. Riportava oggetti e stoffe rare, spezie esotiche e gioielli. Ciascuno
dei membri della sua famiglia ricevette qualche cosa di straordinario. Ma a sua
moglie il mercante offri un piccolo semplice sacco di tela. "Abbine buona
cura!, le disse, Sembra che questo sacco possieda il dono della profezia. Ci
annuncerà la venuta del Re dei Re".
La donna fu
molto sorpresa. Talvolta ella portava il tessuto grossolano all'orecchio, ma
non intendeva il minimo suono! Di tanto in tanto, prendeva il sacco e ne
esaminava tutte le cuciture. Ma non vi trovava niente di particolare.
Un giorno, il
mercante si assentò per un nuovo viaggio. Sua moglie prese il piccolo sacco e
si recò furtivamente nella foresta. Quando si sentì al riparo da ogni sguardo,
aprì il sacco. Sapete cosa vi trovò? Delle cipolle! Delle semplici piccole
cipolle. "E' tutto qui il tuo segreto?" esclamò delusa.
Rovesciò le
cipolle sul sentiero e ritornò a casa. Le cipolle rimasero dimenticate sul
sentiero nel mezzo della foresta. Abbandonate al vento e alle intemperie,
furono ben presto ricoperte di polvere e terra.
Orbene, la via
che conduceva Maria e Giuseppe alla volta di Betlemme attraversava proprio
questa foresta. E quel che il mercante aveva predetto si verificò, le
cipolle sbocciarono sotto i passi di Maria e ne uscirono dei piccoli fiori
bianchi e argentei che illuminarono la terra come se fosse stata disseminata di
stelle.
Ancora oggi
questi fiorellini annunciano la venuta del Re dei Re. Fioriscono a Natale e si
chiamano "Rose di Natale".
Quando Dio creo
gli alberi li fornì di radici e di rami. Le radici penetravano nella terra, i
rami potevano elevarsi verso il cielo, perché è da lì che gli alberi erano
venuti e non dovevano mai dimenticare la loro vera patria. Da allora, gli
alberi tendono i loro rami verso l'alto a mò di perpetua preghiera silenziosa,
in ricordo del loro Signore e Creatore. Anche l'abete, un tempo, faceva così
ed, ergendo i suoi lunghi e larghi rami, dominava anche gli altri alberi. Oggi
è diverso: sapete perché?
Ecco la storia.
Una sera, Maria, la dolce madre di Dio, e Giuseppe suo marito, si trovavano in
una grande foresta di abeti. Erano lontani da qualsiasi abitazione umana e non
avevano trovato alloggio per quella notte. Si stesero ai piedi di un albero per
tentare di dormire. Faceva freddo, il vento soffiava e si mise a nevicare,
prima dolcemente, poi sempre più fitto. Anche a stringersi contro il tronco
degli alberi slanciati, non si era affatto protetti.
Allora Maria,
nel suo sconforto, si mise ad accarezzare il tronco dell'albero che la riparava
e disse: "Perdonami d'interrompere la preghiera che tu rivolgi a nostro
Padre. Ma considera che Dio stesso si è inchinato verso la terra ed ora io
porto suo Figlio sotto il mio cuore. Egli ha bisogno del tuo aiuto.
Alle parole di
Maria, un brivido percorse l'albero. Lentamente, molto lentamente, volse i suoi
rami verso terra, tanto bene che formarono un ampio tetto. L'abete aveva perso
i suoi aghi in Autunno. Ma, ecco che rispuntavano! Così i rami dell'abete
servirono da riparo per la notte a Maria e Giuseppe. E da quel giorno, l'abete
non si spoglia mai dei suoi aghi.
Per questo a
Natale ha diritto di onori. Non ha forse interrotto la sua preghiera per venire
in aiuto alla Santa Famiglia? Si ornano di candele i suoi rami compassionevoli
e, fra tutti gli alberi, è lui che viene scelto per irraggiare di luce, davanti
agli uomini e davanti a Dio.
L'Autunno
volgeva al termine. I raccolti erano stati messi al sicuro. L'Inverno arrivava
con passi veloci. Gli alberi ed i cespugli erano spogli delle loro foglie e
frutti. Stavano là, tutti nudi, sognando la Primavera, la luce del Sole, la
gloria dei fiori ed il mormorio delle api. Anche il Prugnolo aveva perduto le
foglie, ma i suoi rami erano ancora carichi di frutti. Nessuno li aveva voluti.
In Autunno, le
donne erano venute a raccogliere le more. Il Prugnolo non le interessava.
L'avevano visto con la coda dell'occhio e avevano proseguito il loro
cammino. "Guardate che bel tipo, questo qua, avevano detto, con tutte
queste spine difende i suoi frutti che nessuno vuole. Se li tenga per sè!
Sono troppo aspri". E così, al primo gelo, le bacche blu scuro pendevano
ancora sul cespuglio.
Il Prugnolo
avrebbe tanto desiderato portare delle bacche dolci! Bacche buone per la
raccolta, come i Lamponi o le More. Avrebbe rinunciato ai suoi bei fiori
bianchi ... se soltanto fosse stato possibile esaudire il suo voto! Ma il
suo desiderio non era realizzabile e fu meglio così.
Un giorno,
Maria e Giuseppe, che camminavano verso Betlemme, giunsero nella foresta. Erano
stanchi e molto affamati. Per caso, il loro sguardo si posò sui frutti della
macchia spinosa. Maria esclamò gioiosamente: "Delle bacche! Vieni a
vedere, Giuseppe, quel che ci ha riservato questo cespuglio".
Senza curarsi
delle spine, Maria si mise a cogliere le prugnole. Giuseppe le disse: "Non
toccare questo arbusto, i suoi frutti non sono commestibili, lo vedi bene,
nessuno li ha voluti." Ma Maria non si lasciò scoraggiare. "Come
potrebbero essere buoni se li si abbandona al freddo?
Diventeremmo
anche noi amari, se fossimo lasciati al gelo! Vediamo se un po' di calore non
li addolcisce."
Quella sera,
Maria e Giuseppe trovarono alloggio presso alcuni contadini. I loro ospiti
osservarono sorpresi i frutti che portava Maria. "Li avete colti dal
Pruno Nero?, s'informarono, vi ha lasciato fare, senza difendersi, senza
graffiare, senza scorticarvi?"
"Ci ha
donato quello di cui avevamo bisogno", sussurrò Maria. Ed aggiunse:
"Sapete, le spine non sono così terribili come sembrano". Poi
chiese dell'acqua bollente nella quale mise i frutti a bagno per tutta la
notte. L'indomani mattina, servì a Giuseppe e ai contadini una bevanda di un
rosso luminoso. Tutti si deliziarono e tesero le loro tazze per berne ancora.
"Che bevanda deliziosa!" disse Giuseppe. sveglia! Che cosa ci hai
offerto, Maria?"
Maria,
sorridendo con gioia, rispose: "Sono i frutti del Pruno Nero; non ho
aggiunto nulla. Le Prugnole hanno conservato per noi tutto questo
sapore. Adesso possiamo, a nostra volta, sfidare i rigori
dell'Inverno".
Da quel giorno,
gli uomini considerano il pruno nero con occhio più amichevole e raccolgono i
suoi frutti che maturano con il primo gelo. In quanto al cespuglio, è
felice d'essere un Prugnolo e non un Lampone. Perché è soltanto così che
poteva offrire i suoi frutti alla dolce madre di Dio, mentre era in viaggio per
Betlemme.
IL MISTERO DELLE ROSE
Quanto era
stata grande la gioia di Maria nel veder fiorire le Rose sui cespugli spinosi
della foresta! Ne aveva colto un mazzo, che portava sotto braccio al riparo del
mantello. E le Rose restavano fresche e conservavano il loro delizioso
profumo per Maria.
Maria e
Giuseppe si trovavano nei pressi di Gerusalemme, quando, cammin facendo,
incontrarono tre Soldati romani che camminavano con passo sicuro. Gridarono
"Fate strada all'esercito romano!", ed uno dei due colpì i
fianchi dell'asinello. Il povero animale, spaventato, scartò di lato.
Anche Maria e
Giuseppe si erano fatti da parte, per quanto la strada fosse abbastanza larga.
Un soldato si rivolse a Maria con tono beffardo: "Ehi! bella, cosa
nascondi? Fai vedere un po''. E tuffò la mano sotto il mantello di Maria,
ma la ritirò subito imprecando. Si era graffiato le dita con le spine.
"Cosa nascondi, dunque?", gridò, schiumante di rabbia.
Maria apri il
suo mantello: apparve un mazzo di spine! Molto sorpreso, il soldato non credeva
ai suoi occhi. I suoi compagni lo raggiunsero e uno di loro disse: "Varus,
lascia in pace questa donna. Chissà quale pena deve portare per adornarsi
di spine in questo modo", e si allontanarono. Il soldato non disse più
parola e seguì i compagni, tutto vergognoso per essersela presa con quella
povera gente.
Maria guardava
con tristezza il suo mazzo di spine, pensava al giorno in cui erano fiorite.
Dio non aveva mandato una pioggia benefica per farle sbocciare? Cosa erano
diventati adesso questi fiori? Maria era addolorata, Giuseppe sentiva il suo
dispiacere. Le posò dolcemente la mano sulla spalla e le disse, per consolarla:
"Non essere infelice, Maria, hanno fiorito tanto a lungo per te, ora
che sono solo spine le puoi buttare via".
Ma Maria.
scosse la testa e rispose: "Dal momento che conosco il segreto delle Rose
come potrei separarmene?". E con precauzione ricoprì con il mantello il
mazzo di spine che apparentemente non aveva più bisogno di essere
protetto. Le parole del soldato risuonavano ancora nel suo cuore: "Chissà
quale dolore deve portare questa donna per adornarsi di spine", pensò
che ognuno è libero di pensare ciò che vuole.
Queste spine,
Maria le aveva viste fiorire; perché disprezzarle adesso? Un dolce profumo
di Rose giunse allora alle narici di Maria. Gettò uno sguardo circospetto sotto
il mantello: che splendore!
I rametti erano
di nuovo coperti di fiori. Nella stalla di Betlemme, quando il Bambino
Gesù venne al Mondo, la Rosa Canina fioriva ancora.
Tratto dal volume La luce nella lanterna.
di Georg Dreissig
Fior di Pesco Edizioni (distribuita da Editrice Antroposofica).
Iscriviti a:
Post (Atom)